giovedì 30 aprile 2015

Il Brasile ha un sacco di regole ma nessuno le rispetta

Ecco il primo mio stereotipo, che in realtà viene soprattutto dagli stessi brasiliani.

Catalina nota il cartello e Lucas traduce divertito. "Ecco vedete? Questo è tipicamente brasiliano!"

Costituisce un crimine e viene perseguito a termini di legge il vendere o acquistare prodotti rubati, contraffatti o contrabbandati.

Cosa c'è di strano? E' che questo cartello è appeso ad un muro di uno dei tanti mercatini di Rua 25 de Março, il tempio della contraffazione de del prodotto taroccato.
Ogni prodotto venduto qui è rigorosamente piratato, nonostante ogni suo venditore (molti cinesi) vi giurerà su sua madre che si tratta veramente di un originale occhiale Ray-Ban, un profumo Armani o una borsa LV.

La cosa forse più buffa è che faccio un sacco di foto alle diverse bancarelle, filmo video con l'iPhone
e nessuno mi dice nulla. Ma quando fotografo questo cartello, uno dei negozianti si avvicina e mi dice: "guarda che qui non si può fotografare". Ma guarda che improvviso impeto di zelo!

Questo è il Brasile, ride Lucas. Fissiamo delle regole che nessuno mai rispetterà.
Hai mai visto qualcosa del genere?

Beh, sì gli dico. E gli racconto della metropolitana di Shanghai... e di Napoli.






La più brutta via del mondo...


Se qualcuno aveva incautamente candidato Rua Gonçalo de Carvalho come la più bella via del mondo, mi permetto, altrettanto incautamente, di proporre Avenida Paulista per il fondo della classifica.

La percorro quasi tutta a piedi nei suoi 3 chilometri. Riconosco che l'architettura di alcuni grattaceli sia molto progressiva, posso ammettere che il Sao Paulo Museum of Art sia un edificio ispirato da una certa creatività. Convengo sul fatto che sia esteticamente molto più bella del decadente centro storico.
Ma il fatto è che la trovo totalmente priva di significato, un semplice ammasso di investimenti finanziari provenienti probabilmente da tutto il mondo senza che a questo corrisponda nulla che possa comunicare una personalità o una storia di un popolo e di una città. Non c'è nulla della maestosità claustofobica capitalistica di Wall Steet, e nemmeno della follia idolatrante e consumistica della moderna Cina.
Shopping center banali si succedono l'uno all'altro in una noia mortale.
L'impressione è che qualcuno abbia piazzato qui tutta questa roba senza che nessuno lo abbia veramente chiesto o desiderato. Si respira una globalizzazione poco convinta.
Visito il museo che mi sembra anch'esso allestito con poca convinzione come a dire: ce lo abbiamo anche noi!

Mi concedo una piccola deviazione nel Parque Prefeito Mário Covas, che sembra quasi una foresta tropicale. Qui qualche passante trova un momento di pausa qui. Anche uno dei barboni che affollano l'Avenida.


Riconosco più la Sao Paulo che ho conosciuto in questi giorni in un piccolo negozio di una traversa.
Si chiama Endossa ed è una formula commerciale particolare. Riproduce in miniatura i classici shop-in-shop che troviamo alla rinascente o da Harrods ma in questo caso ad esporre e vendere sono dei piccoli designer locali, startup del fashion, artigiani. Ognuno nel suo piccolo allestisce il proprio micro-spazio con la propria merce: abbigliamento, gioielli.
Se vendi bene ti fanno restare altrimenti fanno subentrare qualcun altro.



lunedì 27 aprile 2015

No, qui non siamo in Avenida Paulista!

“Non so perché abbiano pensato ad un intervista a Guaianazes, domani sarà un’avventura – Lucas mi appare sinceramente preoccupato – potremmo andare in taxi ma potremmo metterci 50 minuti come 2 ore e mezza, oppure prendere la metropolitana, poi un treno e poi un taxi. In ogni caso cercate di vestirvi male per non dare nell’occhio, non dovete sembrare stranieri. Cercheremo di nascondere l’attrezzatura video altrimenti saranno cazzi”

Se non l’avete ancora capito, benvenuti a Sao Paulo! 20 milioni di abitanti comprendendo le periferie, un’estensione immensa. Una settantina di morti ammazzati alla settimana, la prima causa di morte per la popolazione tra i 15 e il 24 anni. Uno stato che da solo fa il 50% del prodotto nazionale del Brasile. Un traffico e dei trasporti da incubo.

Il nostro taxi si allontana mano a mano dalla Sao Paulo verticale, piena di moderni grattaceli e la città si distende sempre di più in orizzontale in un alternarsi di case sempre più povere e di favelas.
In realtà ci mettiamo poco più di 40 minuti e la cosa potrebbe sembrare positiva ma il problema maggiore diventa quello di passare più di un ora in questo ameno quartierino prima dell’intervista.
Ci piazziamo in una rassicurante Padaria, un tipo di locale che va per la maggiore da queste parti, dove si fa soprattutto colazione con abbondanti self-service.
E’ quasi ora di andare ma la app EasyTaxi cerca invano un’auto nei paraggi, niente da fare! Dalla Padaria ci dicono di andare a piedi in un vicino supermercato, lì forse dovremmo trovare un taxi. Io, Lucas e Catalina dobbiamo sembrare proprio degli strani personaggi mentre camminiamo un po’ impauriti con l’attrezzatura video appresso. Al supermercato ci dicono che lì di taxi non ne hanno mai visti in tanti anni e che forse potremmo trovarne uno alla vicina Padaria…
Alla fine ci vengono a prendere dalla casa dell’intervistato, impietositi da questi tre sfigati capitati nel posto sbagliato. Perché devo dire che qui a Sao Paulo fino ad ora ho trovato gente di una gentilezza meravigliosa rispetto agli spigolosi Gauchos di Porto Alegre.

Sistemo la telecamera e inquadro Nicolas, un ragazzo bianco, un po’ cicciottello, un po’ timido. Me lo immagino da bambino, a crescere in questo quartiere, non deve essere stato facile.
La loro villetta si potrebbe incontrare in un paese della Circumvesuviana, un alto muro di cinta, un cancello spesso per difendersi dai ladri, una costruzione mai completamente finita. Nel cortiletto due bambine ripassano i compiti con la vecchia nonna.
Dentro la casa un bel televisore Samsung, diversi computer tra cui un Sony Vaio, un tapis roulant.

Mentre rientriamo stipati in 6 in una Citroen da 5 posti, mentre ritorniamo tra i rassicuranti grattaceli, penso che nei prossimi giorni mi farà molto piacere passeggiare in Avenida Paulista, visitare il museo di arte moderna, la pinacoteca e tante altre cose di questa città. Ma sono contento di aver iniziato da Guaianazes, è sempre meglio tenere i piedi per terra.

domenica 26 aprile 2015

Streotipando...

Una cena in un'elegante casa di Porto Alegre, siamo invitati dal nostro moderatore, proprietario dell'agenzia di ricerca e professore di marketing presso l'università della città. Anche la moglie è professoressa universitaria dopo una carriera di giornalista e anchorwoman in TV. 
Elegante è un eufemismo, direi sontuosa. Il complesso di ville è un vero compound rinchiuso in una specie di fortezza, all'ingresso guardia armata e cancello corazzato.
Dentro un piccolo paradiso di opulenta tranquillità.

Mentre sorseggiamo l'aperitivo accanto alla piscina, Luca mi fa: "Sono curioso, lo chiedo a tutti: quali sono i tuoi stereotipi sul Brasile?"
Così su due piedi mi spiazza: forse non sono cosi tanti... le donne? il calcio?
Ma a pensarci c'è di più e forse questo potrebbe un buon modo di orientare le mie osservazioni. Di tanto in tanto ne toccherò uno.

sabato 25 aprile 2015

Dai Murazzi a Rua Lima e Silva passando per le Favelas

Una buona birra con Lucas, dopo tre giorni di gruppi. Lo porto al Dirty Old Man, in questa strada della movida un po' alternativa di Porto Alegre: locali, negozi indie, concertini rock.

Fabiano gestisce il pub e appena sente in mio nome comincia a parlarmi in buon italiano. Tre anni al politecnico di Torino ma poi ha deciso che la vita da ingegnere era troppo dura per lui ed è tornato in Brasile.
"Ma qui sembra di essere ai Murazzi!" - gli dico. E lui si mette a ridere e a rimpiangere le serate Torinesi. Capisco subito come sia andata a finire: i Murazzi sono un classico luogo di perdizione dove si arenano le migliori ambizioni studentesche...

Certo che anche qui se la passano bene, una gran bella vita. Ma Lucas mi avverte: guarda che qui in Brasile il centro della città è Europa ma se ti sposti fuori nelle Favelas, è Africa, anche qui a Porto Alegre dove ironicamente le chiamano 'Villas'.
Anche la nonna di Lucas abita in una Favelas di Sao Paulo e pure sua madre non credo se la passi per niente bene. Lui invece è l'unico dei cinque fratelli ad aver fatto l'università con una borsa di studio e a venti anni è riuscito a prendersi quel posto da stagista alla Boeing di Seattle, tremila dollari al mese... in sei mesi ha guadagnato di più che sua madre in tutta la sua vita.
Altro che Murazzi!


Una foresta nella città

E' difficile rendervi con una foto la sensazione che si prova passeggiando per Rua Gonçalo de Carvalho. Forse l'unico modo e semplicemente rivolgere la macchina fotografica sopra la propria testa e scattare.
O forse è ancora meglio osservarla dall'alto, come in una foto che ho trovato su internet.


Ci capito per caso ma poi scopro che è abbastanza nota.
Dalla foto potrebbe forse sembrarvi una città che si è mangiata una foresta, lasciando fuori solo una strada di passaggio. Ma la realtà è proprio l'opposto. Gli alberi di Palissandro sono stati piantati settanta anni fa da alcuni lavoratori tedeschi di una fabbrica di birra che volevano ricreare un angolo di foresta in mezzo alla città.

Qualcuno è arrivato a definirla la più bella strada del mondo. Non esageriamo... però la sensazione che si prova è strana, non solo visivamente ma respirandone l'aria, ascoltando i versi dei diversi uccelli.
Pochi anni fa, per la costruzione di un centro commerciale, alcuni alberi erano stati tagliati e gli abitanti della via si sono ribellati ottenendo che diventasse una strada protetta.

venerdì 24 aprile 2015

Ma dove sta il mare?

La prima città è Porto Alegre, Rio Grande do Sul. Siamo all'estremo sud del Brasile, a più di 3000 km sotto l'equatore.
Una città decisamente benestante. La percorro senza una meta precisa in un giorno di festa nazionale che la rende semivuota. Tiradentes, un martire indipendentista della rivolta Inconfidência Mineira.

Le mie aspettative sulla città, da emerito ignorante, sono influenzate dal suo nome: Porto Alegre... mi aspetto di trovare una città costruita di fronte al mare, ristorantini di pesce...
E invece Porto Alegre è una di quella città che hanno un rapporto di distanza con il mare, quasi di rifiuto. Una città i cui i pochi antichi palazzi guardano verso l'entroterra voltando disinteressati le spalle all'orizzonte marino.
Perché questa è la città dei Gauchos, allevatori di bestiame, esploratori che si sono spinti fino a qui partendo da Sao Paulo e altre grandi città. Il porto è probabilmente servito più per l'importazione di schiavi e la spedizione di merci piutt
osto che per la pesca. 
La ricerca di un ristorante di pesce si rivela subito vana: questo è il paradiso dei carnivori, churrascarie ad ogni angolo di strada dove ti servono portate di carne ogni 2 minuti, senza interruzione, fino a che alzi bandiera bianca.

E di allegro cosa c'è? Forse l'atmosfera piuttosto rilassata, forse il colore dei murales ogni dove, forse una leggera nota di scanzonata ironia che pervade ogni cosa.

giovedì 23 aprile 2015

Bon Jia e... scusate il ritardo!

Il mio blog di viaggio comincia questa volta in ritardo.
Ero indeciso sul da farsi, sapevo già che i ritmi di lavoro incalzanti e i continui spostamenti avrebbero pregiudicato notevolmente la mia possibilità di osservare ciò che mi circondava e non mi avrebbero concesso molto tempo per rielaborare e scrivere.
Poi sono arrivate le esortazioni di alcuni dei miei passati lettori: "ma questa volta il blog non lo tieni? Mi piacerebbe seguirti ne tuo viaggio"
E così mi sono convinto. In fondo servirà ad alleviare la mia inguaribile ritrosia nei confronti del viaggiare.

Visiterò due paesi ed, in ciascuno di questi, tre città.
Come sempre il mio lavoro mi porterà nelle case delle persone, ad ascoltare le loro opinioni, i loro desideri, ad osservare il loro ambiente.
Come sempre accompagnerò il mio viaggio con la lettura di libri che riguardano la terra che sto visitando.
Come sempre scriverò di cose forse insignificanti, mi concentrerò su dettagli probabilmente irrilevanti ma che mi avranno ispirato. 
E sono certo trascurerò i luoghi più importanti, quelli per i quali alcuni mi faranno sentire un imbecille: "Ma come sei stato a... e non hai visto....?"  
Ma per quelli c'è Google, no?