Aspettando il treno che da Wuxi mi porterà più all’interno della Cina, osservo il ragazzo e il vecchio accanto a me. Non so se siano padre figlio o nonno e nipote. Il ragazzo ha il solito Galaxy in mano e scambia messaggi su WeChat, come tutti attorno a me, almeno tutti quelli sotto i 40 anni. Il vecchio ha la faccia del contadino, le rughe che solcano il volto, la pelle inscurita dal sole.
Il giovane cerca di spiegare al vecchio come dovrà prendere il treno, perché capisco che è venuto solo ad accompagnarlo, per essere sicuro che torni al suo paese. Il vecchio guarda il biglietto che riporta un QR code, il numero del treno treno, del posto a sedere, e appare totalmente perso, cerca di leggere ma non capisce, chiede, e il ragazzo si affanna a cercare di spiegare, un po’ spazientito, ripete, ripete.
Inizia il check-in, chiamano il nostro treno. Il ragazzo accompagna il vecchio fino al tornello elettronico, il vecchio non capisce neppure dove infilare il biglietto, il giovane lo guarda sconsolato scuotendo la testa.
In questa piccola scena credo ci possa stare tutto quello che è successo alla Cina di oggi. Perché invece per me tutto è piuttosto semplice, anche se sono l’unico straniero in tutta la stazione, anche se le indicazioni in inglese sono pochissime. Ma tutto è logico, scientifico. Certo i numeri esadecimali aiutano a capire (benedetti Arabi che li hanno inventati, un’invenzione così non poteva conoscere confini) ma tutto il resto segue comunque delle regole estremamente facili da imparare per chiunque. Giallo per treno in attesa, verde check-in, rosso check-in chiuso, sul marciapiede dei binari i numeri delle carrozze già pronte.
Eppure per quel signore, che penso abbia solo 15 anni più di me, tutto questo appare incomprensibile: questa enorme moderna stazione, uguale a tutte le altre stazioni delle migliaia di chilometri che ho percorso e che percorrerò, la completa digitalizzazione, tutti questi ragazzi su WeChat, un segnale 3G costante mentre attraversiamo risaie e montagne, la pubblicità ovunque. Che ne può capire questo vecchio contadino di quello che è successo in un una ventina di anni?
Un paio di giorni fa osservavo dall’alto di un palazzo la città di Wuxi. Sotto di me un pezzo della vecchia città dove avevo appena passeggiato, le case di legno, gli hutong pieni di piccoli venditori, quell’odore di cibo e di fogna, gli uomini che sputano per terra e le donne che fanno defecare i bambini sul selciato. Ma tutto intorno i grattaceli in costruzione, la città nuova che si espande in continuazione e inghiotte tutto. Complessi edilizi di una cinquantina di grattaceli ciascuno, ogni grattacelo una trentina di piani. Appartamenti che ho visitato in questi giorni… tutti nuovi, pavimenti lucidi, bagni confortevoli, grandi televisori digitali, i più moderni giochi per i bambini.
Centri commerciali, uffici, alberghi di lusso. Nelle strade auto di alta gamma incrociano scooter ormai tutti elettrici anche se magari con la vecchia abitudine di 3 persone sopra.
Attenzione però a non incorrere in un madornale errore. Chi pensasse che la Cina di oggi si è ‘avvicinata’ all’occidente, chi pensasse, come molti, che prima o poi la Cina si adeguerà alle classiche democrazie evolute, si sbaglierebbe di grosso.
Se Fernand Braudel vivesse ancora e visitasse la Cina di oggi, dovrebbe probabilmente aggiungere un quarto volume alla sua famosa trilogia che descrive le fasi dello sviluppo della società umana. Oppure dovrebbe totalmente riscrivere il terzo.
Una visita ad un supermercato con tutti quel cibo a noi quasi sconosciuto, la visione dal treno dei contadini nelle risaie: questo mi restituisce la ‘civiltà materiale’, ciò che si mantiene nei secoli e che fa parte della cultura di un popolo, del suo modo di vivere.
Il passeggiare tra gli hutong delle città rappresenta certo l’economia di mercato, ‘I giochi dello scambio’.
Ma la nuova Cina non assomiglia all’era del capitalismo del terzo libro di Braudel, ‘I tempi del mondo’ ma neppure al comunismo immaginato da Marx. Li supera completamente realizzando un mondo diverso, totalmente nuovo. Un’espansione economica totalmente pianificata da un élite autoritaria ma illuminata, scientifica nel programmare tutto, nel replicare all’infinito modelli e procedure razionali. Infrastrutture e trasformazioni immense che sono prodotte e finanziate da un nuovo capitalismo ma promosse e governate dalla politica. Una politica che non è una democrazia ma agisce mediando i desideri della classe media con la propria esigenza di potere e autoconservazione. Una società che ha coniugato la proprietà privata e il libero mercato con l’economia pianificata.
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