venerdì 21 giugno 2013

Anche io volevo forse finire quella birra…

Parshva, il secondo intervistato, è un ragazzo la cui famiglia è originaria del Gujarat, una regione a nord-ovest dell'India, anch'essa terra di imprenditori. Trupti mi spiega che in genere hanno un carattere più aperto e gioviale. In effetti è vero, e poi Parshva non è certo un bamboccio viziato, ha studiato sodo da ingegnere, ha un buon lavoro e non se la tira per niente. 
Vorrebbe un'India che sappia disciplinarsi, che lasci alle spalle certe divisioni sociali,  che sappia essere determinata ma anche conservare la propria identità.
E' un ragazzo fortunato ma sembra sapersi meritare quello che il destino gli ha dato. 

Forse è anche ispirato da lui che questa sera ho deciso di cenare qui al Leopold Cafè nel quartiere Apollo Bandar, quasi in fondo alla penisola sulla quale si sviluppa Bombay.
Una zona tipicamente di turisti, da secoli. Qui vicino sorge il Gate of India, costruito dagli inglesi, uno dei pochi monumenti della città, niente di speciale.
Il Leopold Cafè è stato uno degli obiettivi degli attacchi terroristici del Novembre 2008. 166 persone uccise in totale, 7 qui tra tavoli dove sono seduto. I terroristi pakistani sono entrati e hanno mitragliato all’impazzata sulla gente, fatto esplodere granate.
Non sono stato attratto dal gusto del macabro; alcuni turisti vengono qui per vedere i buchi dei proiettili che il proprietario ha conservato ma francamente non ho neanche  prestato attenzione  a dove siano.
La ragione era più che altro perché questo è diventato un simbolo di resilienza. Un paio di anni dopo gli attacchi, una coppia che era rimasta ferita tornò al Leopold. Il marito andò a salutare il proprietario Farhang Jehangi: “Sono venuto a finire la mia birra…”
Il caffè ha anche ispirato un film e una canzone.
In effetti il Leopold ora è pieno anche di ragazzi indiani, un po' del genere di Parshva. Servono birra Budweiser in enormi recipienti che assomigliano a frullatori da cui si può spillare la birra al tavolo.
Dopo gli attentati, molti ragazzi di Bombay hanno visto in questo posto un simbolo della vita che doveva continuare e credo che questo vada al di là del semplice riferimento agli attacchi terroristici.
C’è una bella atmosfera perché non c’è quella sensazione di odiosa separazione tra la miseria e il lusso. Il locale è pulito, ben organizzato ma è un po’ tutto più ‘easy going’, senza ossequiosi camerieri che vengono a posarti il tovagliolo sulle gambe e servirti ossessivamente il cibo sul piatto. Spero che i ragazzi di Bombay possano con il tempo apprezzare questo stile di vita. 


Certo all’ingresso non manca la guardia con il metal detector ma si può anche capire.

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