domenica 23 giugno 2013

Il ritorno: un bilancio

Bombay è stata l’ultima tappa del mio viaggio. 

Questo non è stato un viaggio da turista, dovevo lavorare e nel tempo che mi è rimasto libero sono stato alla larga da monumenti, musei, posti turistici. Non mi hanno mai interessato.
E’ stato un viaggio tra la gente di tre grandi città dell’Asia.
Tre città profondamente diverse.
Istanbul: una vera città millenaria, si sente che è stata al centro di un mondo e forse si intuisce che è un gigante che si sta risvegliando. Una città vera con dei veri ‘cittadini’. Ve lo dice un provinciale.
Shanghai: ho già scritto, una città senza fine ma si sente che la Shanghai nuova è un po’ artificiale. Il passaggio dalla vita rurale è stato compiuto a velocità supersonica e in maniera molto organizzata con il risultato di essere per me alienante.
Bombay: qui il passaggio e la migrazione da cultura rurale a cittadina non sembra essersi mai compiuto, sembra rimasto sospeso; questi milioni di suoi abitanti che vivono negli slums sembrano rimasti accampati in una perenne lista d’attesa. A parte pochi fortunati.
Ma le nazioni che ho visitato sono tutti paesi che stanno crescendo a velocità impressionante e l’aggregazione metropolitana sembra comunque vincere su ogni cosa. Big is beautiful! (si fa per dire).

Rispetto ai miei ultimi viaggi c’è un cambiamento importantissimo va rafforzandosi sempre di più: l’impatto enorme della tecnologia, soprattutto di quella mobile.
Il mondo connesso è forse un concetto scontato ma quando lo vedi attraversare paesi, culture e classi sociali fa proprio impressione.
E anche il mio modo di viaggiare ne sta risultando completamente stravolto. In qualsiasi posto mi sia trovato mi è bastato estrarre il cellulare  e cercare la mia posizione sulla mappa, vedere dove mi trovavo, cercare posti, calcolare percorsi, localizzare i punti wi-fi più vicini. Memorizzavo la posizione del mio albergo e potevo passeggiare senza pensieri sicuro di poter poi ripercorrere la via del ritorno, altro che i sassolini di Pollicino. Ho controllato e risposto ad email dai minareti di Istanbul, dai grattacieli di Shanghai e dagli slums di Bombay. Con Evernote taggavo informazioni e siti dal mio laptop che poi trovavo sincronizzati sul mio smartphone quando mi occorrevano. Ho potuto filmare e fare foto.Tutto a portata di mano.
Ma la tecnologia ha fatto di più per me; ha reso dinamico e in continua trasformazione il confine dell’incontro tra la mia conoscenza e quello che osservavo. Mi spiego meglio. Una volta quando partivo per un viaggio mi documentavo un po’, magari leggevo prima un libro, ma quando ero sul posto la mia conoscenza pregressa era quella e dovevo aspettare il ritorno per rielaborare.
Ora viaggiare è qualcosa di completamente diverso. Dal mio Kindle ho potuto downloadare in qualsiasi posto dove mi trovassi ogni genere di letture: saggi storici sul paese che stavo visitando, sulla cultura di consumo e ogni cosa che potesse incuriosirmi. Con internet ho potuto approfondire e verificare istantaneamente informazioni che mi servivano a mettere insieme i pezzi di quello che osservavo. Non solo; le informazioni che raccoglievo modificavano di volta in volta i miei itinerari, il mio modo di guardare la realtà.
Grazie alla tecnologia ho potuto ‘aumentare’ la realtà che stavo osservando ricollegandola al il mio punto di osservazione che andava cambiando cammin facendo. Cose impensabili una ventina di anni fa.

E infine c’è stato questo blog con cui ho condiviso con voi le mie osservazioni e riflessioni. Spero sia stato meno noioso di certe interminabili proiezioni di diapositive.
Per me il blog è stato anche un modo per poter vivere meglio il mio viaggio. Pensando a queste tre tappe da fare in due settimane mi ero un po' visto come il personaggio di Wallace in fila al supermercato, con lo stress delle cose da fare che ti aspettano, le code interminabili, la continue situazione di disagio.
E' stato anche attraverso il blog che ho potuto acquisire più consapevolezza anche rispetto agli aspetti più 'laterali' delle cose che osservavo. E allora mi sono pesate di meno anche la lontananza da casa, le code e le attese negli aeroporti, i lacrimogeni di piazza Taksim, il caldo torrido, un albergo non proprio al massimo dell'igiene, i petulanti imbroglioncelli di Bombay e infine la corsa forsennata per acchiappare il volo di ritorno dallo scalo di Dubai.



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