L’intervistato di oggi si chiama Prashant, un ragazzo di 24
anni. La sua famiglia è di origini Sindhi, una regione ora parte del Pakistan.
Il quartiere è a sud di Bombay, di fronte al mare, zona
molto ricca, mi dicono. I caseggiati ai miei occhi sono equivalenti a quelli di
una nostra periferia ma qui ci abita gente molto benestante.
Nella strada per arrivare fino a qui, la solita ora e mezza
di auto, è ancora l’interminabile fila di baracche, l'infinito campionario di gente che si arrabatta.
Qui siamo invece in un appartamento tranquillo. Prashant ha
studiato a San Francisco, scienze, ma ora vuol fare il pilota di aereo. Ha
preso il brevetto in California e frequenta qui un club di aviatori. Di lavorare non se ne parla. La sua
vita è un autentico spasso, una festa continua con gli amici, BMW, marchi di
lusso. I genitori, imprenditori -
Trupti, l’assistente della moderatrice mi racconta che molti Sindhi lo sono -,
lo lasciano fare perché lo credono un mezzo genio. A me non sembra proprio. E credo che la pensi così anche il tizio che fa le riprese; ci scambiamo un sorriso da padri di famiglia e sembriamo dirci: chi comincia a prenderlo a sberle?
Non c’è bisogno di interprete, Prashant parla un ottimo inglese. La
conoscenza dell’inglese è forse il metodo più facile qui per capire la classe
sociale. Nei centri commerciali di lusso l’hindi è bandito dal merchandising e
dalla pubblicità. Un modo per far capire che quelli sono posti solo per un
certo tipo di persone.
Mentre Prashant parla, lo sguardo mi corre giù dalla
finestra del suo salottino. Una bimba che avevo intravisto salendo, a piedi
nudi nella pozzanghera, chiede la carità. A pochi passi sdraiato per terra suo
padre che la esorta a fare di più. Ognuno ha i genitori che la vita gli ha dato ma in questo paese il destino sembra contare più che altrove...
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