sabato 22 giugno 2013

Il villaggio nella metropoli

E' Sabato e non ho voglia di salire di nuovo su un auto. Già lo dovrò fare per andare all'aeroporto.
Decido di far colazione a Dadar ovest, sulla baia di Mahim. Guardo su Google Maps e sembra vicino, basta solo attraversare la ferrovia e sono pochi minuti a piedi.
Le strade sembrano un pochino meno affollate dei giorni scorsi, un sole pallido si alterna agli scrosci d'acqua.
Salgo delle scale per attraversare i binari e quando scendo dall'altra parte ecco che capito per caso
nel mercato dei fiori di Dadar. Le stradine sono piene di venditori ambulanti, un mercato al coperto è adibito all'ingrosso. E' un'esplosione di ceste di petali, ghirlande, colori e soprattutto per una volta l'odore fetido è totalmente sovrastato da essenze inebrianti. Questi petali, queste ghirlande andranno a profumare e portare un pizzico di natura nelle case, negli alberghi, negli ristoranti di Bombay.
Proprio ieri, leggendo, mi ero imbattuto in una citazione di un sociologo che sosteneva che l'india si trova in un perenne e tormentato viaggio ideale tra l'innocenza del villaggio e l'impersonale crudelta' della citta'.
Mai come qui ci si rende conto che questa sia una tesi interessante. Come non sentire in questi vicoli la nostalgia per il villaggi rurali lasciati per la città? Villaggi da cui si è fuggiti per abbandonare la miseria e la casta a cui si apparteneva e per cercare un'improbabile fortuna nella grande metropoli, per tentare un altro giro nella ruota del proprio destino.

Faccio colazione in un grazioso coffee bar davanti al Shivaji Park. Anche questa sembra una zona di lusso. Nel parco ragazzi giocano a cricket o a calcio. Attempati signori fanno jogging, altri fanno meditazione. C'è persino una palestra allestita all'aperto, sotto una tettoia con delle macchine  che sembrano di 50 anni fa.


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