Ovviamente non capisco una parola.
I numerosi canali trasmettono in buona parte soap opera di
Bollywood.
Le storie rappresentate sono quasi tutte appartenenti ad un mondo fantasy, fiabesco, radicato nel profondo delle tradizioni dell’india. Mi sembra di intuire storie di fanciulle promesse spose a odiosi personaggi che vengono riscattate e salvate da madri coraggiose o temerari giovani innamorati. Definirei la cifra stilistica un ‘espressionismo soap’. Del soap c’è tutta l’ovvietà nel trattare i sentimenti e la finitura di basso costo fatta di sfondi finti, di improbabili costumi; del cinema espressionista ci sono le inquadrature insistenti degli sguardi, dello strabuzzare degli occhi, gli effetti smaccati della macchina da presa con lo scopo di esaltare i momenti di climax delle storie.
Ma c’è di più: il mio lavoro mi ha insegnato che il vero contenuto della TV è la pubblicità, su questa la TV si regge economicamente, il resto è solo un intermezzo per attrarre l’attenzione degli spettatori.
E quello che impressiona è che la stragrande parte della
pubblicità martellante è costituita da spot di igiene personale e della casa.
Interminabili dimostrazioni di spazzoloni, detersivi, saponi interrompono in
continuazione queste bollywoodiane cavallerie rusticane.
La penetrazione delle più
banali categorie di prodotti per l’igiene raggiunge spesso cifre inferiori al
15%, l’opportunità di sviluppo del mercato è enorme. Giganti come Uniliver
stanno investendo parecchio. E non è solo una questione di povertà; in India ci
sono 800 mila utenze cellulari su una popolazione di 1,2 miliardi di persone.
Questo vuol dire che anche il più sfigato ragazzo che dorme in una baracca di
Bombay gira probabilmente con un Samsung in tasca e mentre sto scrivendo sta
messaggiando ad una ragazzetta o un amico.
La tecnologia è arrivata prima del sapone in questo
repentino processo di passaggio dalla vita rurale alla vita urbana.
Nessun commento:
Posta un commento