Vinco il mio senso di smarrimento e la mia iniziale
repulsione. Faccio una doccia, esco dall’albergo e mi tuffo tra la folla.
La zona intorno a me è affollata da una quantità di
baracchette sui marciapiedi, in ognuna una piccola attività commerciale: cibo,
bevande, barbieri improvvisati e le più disparate attività che gli esseri umani
possono inventarsi per sbarcare il lunario. Una baracchetta ha un insegna con
scritto “Typing center”. Mi chiedo cosa sia. Un tizio ha recuperato una vecchia
macchina da scrivere e si offre di battere a macchina lettere. Un signore gli
sta dettando qualcosa e lui scrive.
A far sorridere qui a Bombay è anche l’esagerazione con cui
si definiscono i negozi. Una baracchetta con una malandata fotocopiatrice si
chiama “International Copy Center”, una banale e polverosa merceria “Dream
Fashion World”. Non so se ci sia dell’ironia in tutto questo.
E’ curioso come comunque l’essere umano si adatti
velocemente ad un ambiente. Dopo qualche decina di minuti ho preso possesso
della zona, ne ho intuito i punti cardinali e soprattutto mi muovo con
dimestichezza: scanso auto e baby taxi, mi lascio strombazzare da loro per
spostarmi all’ultimo secondo, attraverso la strada tra le auto con il semaforo
rosso (rosso o verde qui fa lo stesso). Anche io mi sono fatto un po’ insetto.
E capisco che ogni insetto in fondo può avere la sua storia.
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