sabato 15 giugno 2013

No, qui non siamo a Piazza Taksim...



Entro nella stazione di East Nanjing Road e la scena mi colpisce subito. La ragazza sembra essere la supervisor di una squadra di dipendenti della metropolitana. Sono tutti ragazzi. In divisa, le mani composte dietro la schiena o davanti. Ovviamente non posso capire quello la supervisor sta dicendo ma dal tono sembra che sia stia tirando loro un cazziatone con i fiocchi. Mi ricorda il militare.
Il primo pensiero è quello che le nostre società occidentali non possono fare molto contro questa Cina. Ve la immaginate una scena del genere con i dipendenti dell’MM di Milano?
Certo questi millennials sembrano molto lontani dai loro coetanei  del Seki Park di piazza Taksim. Qui il distretto di Pudong è stato costruito dal nulla in meno di 10 anni, annientando territori agricoli per 450 miglia quadrate, costruendo una sterminata città nella città di 5 milioni di abitanti piena di grattaceli, facendo diventare Shanghai 7 volte New York, una città ‘senza fine’ come è stata definita ma anche senza più un cielo.  E nessuno sembra aver obbiettato nulla. Quanto sembrano lontane le proteste dei giovani turchi per la distruzione di un piccolo parco nella loro città…
Qui sei misurato su tutto nella tua performance. Guardando questi ragazzi mi consolo per quello che ho fatto all’aeroporto il giorno prima. Ogni responsabile del controllo passaporti ha un numero identificativo. Davanti al suo loculo c’è una pulsantiera dove il viaggiatore può fornire un punteggio riguardo alla soddisfazione di come è stato trattato. Una bella scala Likert a 4 punti come conosciamo noi ricercatori di mercato: Excellent, Good, Not very good, Not at all good. Il ragazzo paffutello fa il suo controllo e timbra, non che si prodighi in grandi gentilezze ma alla fine pigio il tasto con il punteggio più alto. Che altro doveva fare del resto? Meno male,chissà che cazziatone si sarebbe beccato se avessi dato un punteggio più basso…
Mentre scatto le foto una delle ragazze in fila mi guarda con la coda degli occhi. In lei colgo un filo di vergogna. E’ vero, mi accorgo che a me non avrebbe fatto piacere essere fotografato in quel frangente, mi sento anche io in imbarazzo ad averle rubato quell’attimo. Poi però penso che forse questo ci accomuna, che se lei prova vergogna nell’essere umiliata in quel modo, magari dopo aver studiato tanto, magari da una supervisor che vale meno di lei ma è soltanto più paracula… se prova questo, allora nel futuro potrà essere diversa? Potrà forse cambiare le cose?

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